Editoriali

AMT e la torre di Pisa - 09/04/15

Evviva la Torre di Pisa che pende, che pende e mai non vien giú...

Così recitava una vecchia allegra canzoncina che solo in pochi, oggi, possono ricordare, dedicata appunto al famoso monumento. A me che scrivo la cantavano da piccolo e, chissà perché, ogni volta che leggo delle vicende di fine anno in AMT mi torna in mente. Non sappiamo se anche AMT, come la celebre Torre, continuerà a pendere sempre più barcollando ad ogni chiusura di bilancio ma resterà in piedi; ce lo auguriamo, come se lo augurano amministratori pubblici, management e lavoratori ma anche pensiamo se lo debbano augurare i genovesi tutti, perché è questa realtà quella che oggi ci dà un pur scadente servizio di trasporto pubblico. Ma c’è qualcosa che le vicende della Torre possono insegnare anche sui destini di AMT.

La Torre nacque con un vizio di origine, quello del terreno che non poteva reggere nel tempo il suo ingente peso; si può dire che anche AMT ha un grosso vizio di origine, quello di essere nata e via via appesantita di uomini e strutture senza preoccuparsi se il “terreno” su cui si appoggiava, ovvero il finanziamento pubblico, avrebbe potuto reggerne indefinitamente il carico. Poi però, quando si è capito che la Torre si stava inclinando sempre più e avrebbe finito per crollare davvero, si sono prese delle contromisure: si sono esaminate con la massima accuratezza le ragioni del progressivo cedimento, si sono studiate attentamente delle soluzioni per consolidare il terreno, per quanto si poteva, perchè il terreno quello era, e per intervenire sulla Torre stessa, fondamenta e monumento, per irrobustirne la struttura. Chiarito quanto c’era da fare, si è fatto un piano per intervenire in un tempo non immediato ma ragionevole e, nel giro di alcuni anni, questo ha alfine permesso di restituirci un monumento definitivamente stabile e sicuro.

Non ci pare che questo processo di esame delle cause e pianificazione di soluzioni sia ancora avvenuto in AMT. Sembra quasi che la percezione dal lato dell’azienda sia che tutto sia accaduto ed accada per fatti ineluttabili o comunque al di fuori del proprio controllo, senza che si siano esaminate le cause strutturali delle criticità di un’azienda che oggi non può più permettersi di operare come un tempo con la logica del “tanto ne spendo, tanto me ne rimborsano”, perché lo scenario operativo del ventunesimo secolo non è quello di un tempo. Soprattutto, non c’è, o se c’è non è noto, un serio studio ed un piano per rimettere quest’azienda in condizioni di navigare sicura nei futuri assetti del TPL ligure. Di piani industriali presentati ne abbiamo visti molti: in genere duravano un anno o poco più (quando non erano già bocciati all’origine dalle OO.SS.). Nella prassi di una corretta gestione aziendale, un serio piano industriale dovrebbe invece partire da una visione di medio lungo termine del ruolo atteso ed estendersi tipicamente per un quinquennio con una quanto più possibile accurata previsione dei principali indicatori (quali, per AMT, servizio reso, costi, ricavi da tariffe, entrate da finanziamento pubblico, investimenti e loro finanziamento) nei singoli esercizi. Generalmente, un valido piano industriale prevede anche un’analisi dei rischi e diverse ipotesi di scenario, da quella più favorevole a quella più difficile, giusto per non essere impreparati di fronte a quanto potrebbe accadere e, cosa fondamentale, impegna tutte le parti coinvolte a seguirlo senza stravolgerlo di continuo.

Ciò che invece appare in esterno da qualche anno è solo la disperata raschiatura del fondo del barile delle finanze pubbliche a fine esercizio per recuperare l’ennesima manciata di milioni di euro per tenere in piedi l’azienda e non portarla al fallimento. Soprattutto, desta preoccupazione il fatto che, da parte di molte componenti aziendali, ma anche da qualche esponente delle istituzioni, si individui come sola unica causa del malessere di AMT l’inadeguatezza del finanziamento pubblico: questo viene infatti identificato, assieme alla già praticata biasimevole riduzione dei costi attraverso la riduzione del servizio, come unica salvifica misura per rimettere tutto a posto, senza che si debba più di tanto intervenire sugli assetti organizzativi interni. Un po’ come se, tornando alla nostra Torre, si fosse preteso di risolvere tutto reclamando maggiore solidità dl terreno, da un lato, e limitando/impedendo l’accesso ai visitatori dall’altro. Finanziare correttamente il TPL è cosa vitale, lo abbiamo sempre sostenuto e sempre lo sosterremo. Ci piacerebbe, però, che i finanziamenti fossero maggiormente orientati agli investimenti in mezzi ed infrastrutture (metro, treni urbani, tram), l’unica seria via per un Trasporto Pubblico attrattivo per l’utenza, ovvero che fa aumentare utenti e ricavi e, al tempo stesso, meno oneroso da esercire, per maggior velocità commerciale e minore impatto del costo del personale per passeggero. Così come un parco bus più moderno permetterebbe di ridurne il numero e tagliare drasticamente i costi di manutenzione, oltre che far viaggiare gli utenti su mezzi da città europea e non fatiscenti come molti degli attuali. Sino a che non si andrà in questa direzione, sarà difficile per AMT raggiungere uno stabile equilibrio economico, se non a scapito del servizio e/o di ulteriori risorse pubbliche da spendere per risanare i bilanci. Se guardiamo il recente passato, si può invece dire che è avvenuto il contrario: ricordiamo che ben due rimesse, patrimonio della città, sono state vendute, non per investire in qualche chilometro di tram o metro, o acquistare nuovi bus, ma solo per coprire i disavanzi di gestione ordinaria. Come se uno si vendesse casa per avere di che mangiare.

Con questa situazione, AMT deve fronteggiare quello che sarà il futuro assetto del TPL ligure, con la gara per un bacino unico probabilmente esecutiva dal 2016. E’ evidente che AMT non potrà andare avanti da sola, ma dovrà allearsi con un altri, a quali condizioni molto dipenderà da AMT stessa. Se sarà in grado di presentarsi in condizioni operative e finanziarie accettabili, sarà un possibile partner attrattivo, potrà rivendersi bene e giocarsi le sue carte di operatività sul territorio, trattando le condizioni. Ma se l’AMT che si presenterà a possibili alleanze sarà un’azienda inefficiente e sull’orlo del fallimento, se non già fallita e in gestione provvisoria, questa verrà divorata in un sol boccone da chiunque vinca la gara, che se la prenderà alle proprie condizioni (leggi con un tozzo di pane e con il minimo numero di dipendenti che riterrà conveniente riassumere).

Purtroppo, per quanto ci è dato di vedere al momento, non c’è da essere troppo ottimisti sulla concreta possibilità di scongiurare tale ultimo scenario. Il Comune, nel ruolo di azionista unico e tutore degli interessi dei cittadini, dovrebbe avere il compito primario di stabilire e perseguire l’obiettivo strategico di come collocare correttamente l’azienda nel futuro scenario del TPL, ma non pare aver ancora definito una chiara e stabile strategia di alleanze per la imminente gara. Il Management, cui competerebbe precipuamente il ruolo di intervenire sull’assetto aziendale per conseguire quella adeguata efficienza che oggi manca, negoziando le indispensabili intese con le OO.SS., sta di fatto impropriamente delegando all’azionista Comune il contraddittorio con queste ultime. Queste stesse Organizzazioni Sindacali, infine, non paiono aver colto tutta la drammaticità e i rischi di questa crisi e si pongono come strenui difensori di uno status quo, con una preconcetta avversione per ogni ipotesi di intervento di soggetti non pubblici, quando è difficile pensare che non ci sarà un’azienda “del mestiere” a gestione privata nella cordata vincente della futura gara.

Nonostante tutto ciò, noi restiamo ancora convinti che le cose possano essere instradate sulla giusta via se ci sarà piena consapevolezza dei rischi e condivisione dell’obiettivo da parte di quanti, Comune, Management aziendale, Sindacati, detengono effettivamente il potere in azienda; essi possono, se tutti lo vogliono, cambiare le cose con una nuova condivisa e realistica visione orientata alla AMT di domani, e non di oggi. Sta a loro, ad ognuno di loro, mettere da parte gli interessi particolari e adempiere con responsabilità ed efficacia i rispettivi ruoli per salvare non solo un’azienda di trasporto, ma dei posti di lavoro e un patrimonio comune dei genovesi e dei contribuenti.


prec. | succ.
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